Ancora un nuovo incontro magico tra arte e narrativa che prende vita nell’opera I giorni dell’abbandono.
L’opera richiama l’omonimo romanzo di Elena Ferrante, dove si narra la vicenda della fine di un matrimonio, la donna lasciata dal marito senza alcun preavviso.
Così Manente condensa queste suggestioni nelle trame pittoriche, animando il viaggio introspettivo che riprende il romanzo.
Osserviamo una donna di spalle, avvolta da un lenzuolo rosso evocando proprio l’amore che però sembra andare via.
L’artista ancora una volta plasma questo connubio tra arte e narrativa, discostandosi -in questo caso - dallo studio fisionomico del volto al fine di incarnare il sentimento di desolazione dalla postura del corpo, leggermente incurvato con i capelli che non consentono il riconoscimento facciale della donna, altro dettaglio che differisce dalle precedenti opere è la pagina posta al contrario, marcando ancora di più quel senso di confusione che aleggia nell’opera.
Il tutto viene avvolto da una coltre di mistero in cui il solo fruitore può immergersi.
Dott.ssa Elisabetta La Rosa
Immergiamoci in una nuova narrazione poetica in cui l’essenza della donna si rivela, una poetica immersiva capace di plasmare un’opera introspettiva.
Intenso è lo studio della figura in cui ogni dettaglio viene reso con estrema cura, in particolare la resa fisionomica della donna che ci guarda con fare quasi minaccioso, due occhi fissi, sicuri, squarciano la tela puntando allo sguardo dell’osservatore.
Soffermiamoci anche sullo sfondo che,questa volta, si discosta dalle sfumature auree, animandosi di sfumature geometriche che scompongono il supporto frammentando la narrazione e conferendo profondità alla scena.
Irene Manente ci sorprende ancora una volta con una narrazione capace di coniugare una realtà surreale e la dimensione metafisica della conoscenza introspettiva
Si intensifica le poetica introspettiva caratterizzante l'arte di Irene Manente, artista capace di penetrare nei meandri dell'essenza femminile.
La condottiera un'opera intrisa di simbologia, in cui Manente riesce a coinvolgere l'osservatore nel tessuto figurativo della composizione.
Partendo dal titolo, la figura della condottiera appare nel 1289 quando lo sposo di una Nobildonna perse la vita durante la battaglia di Campaldino, ella giurando vendetta radunò tutti gli Aretini e guidò la difesa contro i fiorentini dimostrando il suo coraggio. Ed è proprio una donna coraggiosa quella che si anima fra le precise campiture di Irene Manente, la poetica dell'artista viene contraddistinta dal colore giallo che domina gran parte del supporto, e da una straordinaria capacità di bilanciare le cromie, plasmando con attenzione l'aspetto introspettivo della figura femminile.
Dott.ssa Elisabetta La Rosa