La dissolvenza del tempo

Si dissolve il tempo all'ombra di un pensiero, ma cos'è il tempo se non una percezione dettata dall'essere umano?
L'artista Silvia Perrone, nell'opera "Il tempo che non esiste", riflette sullo scandire del tempo, su come esso sia una percezione umana che spesso detta il divenire della vita.
L'artista parte da quel concetto di matrice surrealista di quella "Persistenza della memoria", per poi elevare il pensiero in chiave filosofica, attingendo - per ciò che concerne la resa della sfondi- alla teoria di Parmenide di Elea secondo il quale la natura intima dell'esistenza è immobile ed eterna, per cui il senso del tempo e tutti i mutamenti del mondo fisico sono solo delle illusioni. In primo piano il volto di una donna che piange gli attimi mancati, una sofferenza generata dalla scandire del tempo voluto dall'essere umano.
L'orologio rotto incarna la frammentazione degli attimi della vita, le volte in cui avremmo voluto fermare il tempo e cambiare la nostra direzione per riprenderci quegli attimi mancati, quelle persone che il tempo si è portato via.
Tecnicamente l'artista Perrone su focalizza sulla resa minuziosa del dettaglio, al fine di inglobare l'osservatore nella narrazione figurativa, frutto dell'indagine fenomenica del rapporto fra Io e spirito in una dimensione spazio-temporale che diviene un concetto astratto, scandito delle teorie dell'essere umano sulla vita.

Dott.ssa Elisabetta La Rosa
Storico e critico d'arte

L'infinito dell'anima di Silvia Perrone

Intensa la raffigurazione figurativa
dell'artista Perrone che, mediante il fondo nero del supporto, esalta la tridimensionalità della figura.
Come nella maggior parte delle opere della produzione dell'artista Perrone, l'elemento portante è la sensualità che viene esaltata mediante la resa dei volti e, come nell'opera Infinito, l'attenzione per il dettaglio della bocca e l'eleganza scultorea della mano semi aperta ornata da un filo arancione.
È il filo l'elemento portante dell'opera che ne detta il senso di lettura. Partendo dal titolo, l'artista vuole incarnare quel flusso vitale costante incarnato proprio dal nastro arancione che conferisce il senso della continuità della vita. L'artista non mostra le estremità, inducendo l'osservatore ad immergersi nel senso di continuità dell'opera.
Il filo infatti viene considerato, da René Guénon come un mezzo che «collega tutti gli stati dell'esistenza, fra loro e al loro Principio».
Interessante la resa del plasticismo di matrice scultorea mediante lo studio delle luci e delle ombre che supportano il Pathos della materia figurativa.
L'artista studia le molteplici sfaccettature della donna, dando vita ad una narrazione figurativa degli stati d'animo del femminile.

Dott.ssa Elisabetta La Rosa
Storico e critico d'arte